venerdì 10 maggio 2013

Malanni

Non scrivo da un po', ma vi assicuro che ho la scusa pronta. E vi assicuro che sono giorni che cerco di scrivere qualcosa. Senza successo.
Che i bambini si ammalino spesso, è cosa risaputa. Certo che non pensavo capitasse proprio così spesso.
Siamo da poco scampati alla varicella ed eccoci di nuovo qui, io, lui e la primavera fuori dalla finestra. Sto per scrivere un altro post sulle malattie? Avete fatto centro.

Non mi dilungherò molto sulla sintomatologia, vi dico solo che qui c'è tanta febbre, tanti pianti e patemi d'animo (della mamma, del papà e del povero e dolorante bebito). Sto passando i pomeriggi con il bebito spalmato addosso, tipo pelle d'orso o, meglio, tipo koala. Anche quando vado in bagno.

Lunedì prendo appuntamento dal pediatra, insospettita dal fatto che il bebito, oltre ad avere la febbre alta, è molto sonnolento e si tocca le orecchie. Mi sento un po' scema quando al telefono dico "vorrei venire perché mi sembra che dorma un po' troppo". Mi fissano l'appuntamento per il giorno stesso e mi comunicano che il pediatra che l'ha visitato l'ultima volta, non c'è. La notizia mi tira su un po' il morale (il medico in questione è uno che ti liquida in 5 minuti anche con la lebbra, ha novant'anni e i capelli tinti).

Arrivo allo studio un tantino in apprensione: il bebito è un fagottino sofferente, con il respiro affannoso e la febbre alta, nonostante il paracetamolo. E mentre siamo lì, ad aspettare il nostro turno nella sala d'attesa colorata, mi viene come una specie di vuoto allo stomaco, una sensazione di gelo che mi fa sussultare e mi toglie il respiro. In parole povere mi viene la paura del dottore.
Non so spiegare il perché, forse l'odore del disinfettante, tutti quei bambini malati, il bebito sofferente, i miei ricordi d'infanzia che si impilano uno sopra l'altro, come una torre fatta con i lego. O forse la sua paura diventa la mia paura. Il bebito, infatti, ha capito benissimo dove si trova e sa che da quel posto lì non ne esce niente di buono. Quando la pediatra arriva a chiamarci, scatto in piedi come una molla e inizio a sudare.
Arrivati nello studio, l'agitazione diventa vera. Il medico tenta di controllargli le orecchie e cerca di farlo con le buone. Naturalmente non ci riesce. Così lo teniamo fermo in due, facendolo strillare come un porcellino spaventato. Le gambe iniziano a tremarmi davvero.
Lei continua a ripetere "poveropiccolouomo, poveropiccolouomo" e io apprezzo la sua umanità devo dire. Poi sentenzia: otite media acuta, l'infezione è proprio brutta, mi sa che c'è da prendere un antibiotico. E' proprio necessario? le chiedo io. Lei mi dice "non sono una grande fan dell'antibiotico a tutti i costi, facciamo prima un esame del sangue".
Esame del sangue? In che senso? Nel senso che adesso lo devono bucare? O madonninasantissima. E così gli hanno fatto il prelievo: lui coraggiosissimo, io molto meno. L'antibiotico è inevitabile.
All'uscita dallo studio, la caramella d'ordinanza (simil morositas, per intenderci) l'ho mangiata io.
E mentre masticavo mi sono rivista bambina quando, dopo essere andata dal medico, pensavo "l'ho scampata anche sta volta" e nella pancia mi si creava quel senso di liberazione, quella leggerezza cristallina, quella piccola felicità. Forse il bebito ha sentito lo stesso.
Pare che attorno ai 9 mesi i bambini inizino a capire di essere altro rispetto alla madre. Non è dato sapere quando la madre inizia a capire di essere altro rispetto al bambino.

E ora come va? meglio. Ma vi assicuro che ci sono stati momenti difficili. Svegliarsi in piena notte con il proprio bambino febbricitante e quasi incosciente, non è proprio il massimo della vita. E quello che più mi ha mandato in paranoia sono stati i consigli da "manuale di pediatria", cose tipo: "quando allarmarsi? Quando è troppo sonnolento (cosa vuol dire troppo?), quando sempre stare molto male (molto? in che senso), quando ha le mani fredde (le ha fredde! Che faccio!), quando fa più di 40 respiri al minuto (cosa faccio, mi metto qui con il cronometro?). Insomma una bella fatica. E ancora dobbiamo uscirne.
E poi dover somministrare l'antibiotico, una bella impresa. Insomma in pratica sono sulla buona strada per un diploma in cure infermieristiche. Perché essere mamma è anche essere infermiera.

E vogliamo parlare del lavoro, al quale non si può andare? E il doversi arrangiare senza nessun aiuto...noi tre, soli contro l'otite. Le malattie dei bambini ci riportano nella dimensione in cui è necessario prendersi il tempo, per guarire. Tempo che nella nostra società è bene raro e prezioso, tempo che è diventato un lusso.

La cosa buona in tutto ciò? Il guardarsi allo specchio e il dirsi: sì, ce la puoi fare. E poi lo specchiarsi negli occhi di tuo figlio, occhi per i quali tu non sei solo un'infermiera, sei un essere invincibile, la panacea di tutti i mali. Basta un abbraccio, un bacio, un grattino sulla schiena, un po' di latte e una camomilla calda, basta poco per sentirsi meglio. E non c'è niente come accudire un bambino malato che ti fa sentire mamma.
 
E ora il mio pensiero va a tutte le mamme di bambini malati, di bambini malati per davvero. La vostra sofferenza è solo minimamente immaginabile e il solo immaginarla fa tremare le vene e i polsi. Che tutto l'amore dei vostri bambini riesca a darvi la forza di continuare, di andare avanti, di non avvelenarsi di rabbia e di dolore.

4 commenti:

  1. Commossa io....che ti volevo dire keep calm....
    Marc non è uno che si ammala,l'unica volta eravamo malati entrambi ed entrambi sonnolenti e debolucci e nel mio mondo di allucinazioni dove vado quando ho 40 di febbre, era tutto meraviglioso, brillante, ci siamo curati l'un altro abbracciati nel letto, non ho avuto nemmeno modo di spaventarmi....se la prossima volta si ammala lui ed io no, tornerò a rileggere per avere un po' di conforto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai proprio ragione! Un po' più di take it easy non mi farebbe mica male. Ma vabbé, cosa vogliamo farci...sono un tantino emotiva. Comunque ora va mooolto meglio, meno male :-)

      Elimina
  2. Qui abbiamo appena passato un'influenza intestinale. Ovviamente presa da entrambi. Allucinante. E soprattutto non ne posso più!!!
    Il tuo racconto mi riporta indietro: l'anno scorso ad agosto la Belva si è ammalata per un mese intero, faceva qualche giorno ok, poi ritornava. Finchè alla fine le ho dato l'antibiotico, anche se non aveva infezioni o che altro. Avevo appena smesso di darle tetta e mi sono pentita amaramente, perchè il mio abbraccio non le bastava, ma ormai la tetta era dismessa.
    Quando stanno male è davvero dura!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Accipicchia, ne abbiamo sempre una! Arriverà il giorno in cui, guardandoci indietro, rideremo? Speriamo! Ti abbraccio forte, davvero!

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...