lunedì 16 dicembre 2013

Ricordi

Il mio Mac è tornato. Ora funziona perfettamente. E io posso tornare a scrivere. Peccato che il computer sia stato completamente svuotato. E per svuotato intendo dire che niente di tutto quello che c'era prima, c'è ancora.

Lo so che le persone normali fanno sempre dei gran salvataggi di tutti i dati. Lo so che è un atteggiamento da persone sagge. Lo so. E io, in parte, l'ho fatto. Un po' di tempo fa. Occhei, forse un po' troppo tempo fa. E ovviamente mica potevo prevedere la morte improvvisa del mio computer! Abbiate pietà. E' da qualche giorno che mi batto il pugno sulla testa dicendomi "ma quanto sei cretina?". Parecchio, effettivamente. Perché dai, caspiterina! Non tenersi aggiornati con il backup è da cretini. No, non vi sto dando dei cretini, dai. Lo so che sono cose che tutti sanno, ma che alla fine pochi fanno (o no?).

Ora, non è che io avessi chissà che robe trascendentali salvate sul computer. Niente tesi di dottorato, romanzi in più volumi o ricette segrete andate perdute per sempre, per intenderci.
Però avevo un sacco di foto. Avevo un sacco di foto del bebito. Foto che saranno perdute per sempre. Foto di noi due insieme che ci facciamo gli autoscatti, durante i lunghi pomeriggi della pausa maternità. Le cinquemila foto dei suoi primi sorrisi con o senza denti. Le foto di quella sera in cui facemmo le undici di sera, io con un vestito viola, lui ben chiuso nella fascia. Foto delle nostre serate estive. Foto del suo primo caco (sì, perché è stato questa la prima cosa che ha assaggiato, dopo la tetta di mammà). Foto delle nostre gite in montagna. Foto dei nostri amici in visita. Insomma un sacco di foto, che in questa magnifica era digitale, una volta cancellate, non torneranno mai più.
In realtà devo ancor quantificare l'entità del danno, nel senso che forse nella memoria di qualche macchina fotografica abbandonata, qualcosa è sopravvissuto. Forse. Ora devo prendere il coraggio di cercare.
Che strano, però. Ora potrei dilungarmi in un banale discorso su come si stava meglio prima, quando le foto al massimo potevi perderle, strapparle, bruciarle. Ma centinaia di foto non si volatilizzavano in un paio di secondi, con un paio di click. Centinaia di foto occupavano un sacco di spazio e a meno che ti andasse a fuoco l'armadio, l'evento "scomparsa" non era contemplato.
Potrei anche dilungarmi nel banalissimo discorso che i ricordi si tengono nel cuore, eccetera eccetera.

Ora, vi devo dire la vera verità. O almeno quello che ho pensato in relazione a questo evento.
La prima cosa che è che, come ho già detto, son cretina. Cadere in questo tranello è veramente banale.
La seconda è stata che, in fondo, non è poi così grave. Perché in quest'era digitale di foto ne scattano tutti, talmente tante, talmente tanto e in modo tanto compulsivo che è impossibile restare senza. Ne consegue che nei computer di amici e parenti, qualche ritratto del bebito si deve essere salvato. Per forza. E forse, chissà...saranno solo gli scatti buoni.
Perché se c'è una cosa che mi sento di dire a proposito dei tempi andati, e che si può applicare anche ai bei tempi presenti, è che le foto che reggono al tempo, quelle che invecchiano con noi, che sono portatrici di ricordi, bé non sono mai tante. Sono giusto quella decina buona.
E il resto, sì, fatemelo dire, resta dentro di noi. Noi che, grazie al cielo, non siamo computer e i ricordi non li misuriamo in pixel.

Intanto però voi fatene una copia, non si sa mai.

lunedì 25 novembre 2013

La sfiga

Chissà per quale assurdo, misterioso, mirabolante motivo...la sfiga riesce sempre a fare centro. E quando dico centro, intendo dire che le riesce di fare le cose giuste, al momento giusto. Se non fosse che é una gran stronza, ci sarebbe da invidiarla, la sfiga. Io ho il tempismo di  un bradipo zoppo e lei di un ghepardo dopato. Per dire.

Sono reduce dalla più lunga influenza della mia vita. Occhei forse sto esagerando. Ma sette giorni, e dico sette, di malanni/naso colante/dolori muscolari/echipùneha sono qualcosa che non mi accadeva da un bel po’. E che mazzata, gente!

E ovviamente la superinfleunza mi é venuta durante l’unica,e dico l’unica settimana di assenza totale del mio compagno. La sfiga, appunto. Lui, che si prende male ad uscire per fare un aperitivo, lui che si preoccupa sempre per noi e che in questi 18 mesi da famiglia, non si é mai assentato per un giorno. Lui ha deciso (di comune accordo e per ragioni che non vi sto a dire) di rimpatriare in terra italica per una settimana. Secondo i programmi noi ce ne saremmo rimasti qui, nella rampante Berna, soli soletti, io e il mio bambino. Cosa che, ve lo devo dire, mi sembrava anche simpatica e divertente.

E poi la sfiga in formato virus é venuta a farmi visita. Brutta storia. E ho capito che essere sola, sola con un bambino non é che sia la cosa più semplice del mondo. In particolare quando l’infleunza ti ha messa al muro.
Eppure ce l’ho fatta. Siamo sopravvissuti, tutti e due. E questo, ve lo dico, mi gonfia di orgoglio come un gallo cedrone. Mi sento una supermamma.
Occhei i miei riflessi sono stati un po’ così, e dunque il bebito, a tratti, é completamente sfuggito al mio controllo. Per esempio quando ha trovato non so dove (e si lo so che dovrei essere più ordinata) un pennarello verde con il quale ha pasticciato i muri, il tavolo, il tavolino della sala, il mobile della sala e le tende. Ma dai, son cose che capitano. O no? E’ che in quel momento mi devo essere accidentalmente addormentata.
O per esempio quando ha mangiato un numero non specificato di galatine riuscendo a rosicchiarle dall’involucro di plastica. Non ce l’ho fatta a fermarlo.
E che credetemi essere febbricintanti con una creatura di 18 mesi per casa é un’impresa che sa di epico. E mai nella vita mi sarei immaginata di ritrovarmi a vomitare e contemporaneamente a cercare di impedire che il mio bambino si bevesse il balsamo. Oppure di ritrovarmi moribonda sul divano alle otto di domenica mattina a farei versi di tutti gli animali, compreso il coniglio.
E lasciatemelo dire, ho preso l’unica influenza al contrario,quella che ogni giorni che passa stai peggio. Che bello.

Detto ciò ci sono due cose che che ho scoperto, in questa lunga e virulenta settimana:

- Mio figlio é un Gourmet. Dopo mesi e mesi di esclusiva cucina del papà (sì, lo so sono fortunata) la mamma si é rimessa ai fornelli. E diciamoci la verità, io non é che sia proprio uno Chef. Anzi, diciamoci la verità in cucina faccio proprio pena. E se già faccio pena di mio, immaginatevi un po’ come possa essere abile con l’influenza.
Così, confesso, il povero bebito si è dovuto subire la mia cucina. E una sera, abbiamo cenato con latte e cereali. No, non ce la facevo proprio a cucinare.
E’ solo che lui mi ha guardata con gli occhioni, ha guardato la tazza con i cereali, si é girato verso i fornelli. E poi mi ha riguardata, con quella faccia un po’ così, come d a dirmi"mamma, mi stai veramente dicendo che questa é la cena?”. Ora, vorrei anche specificare che la cena con latte e cereali non é niente di paticolarmente strano qui in terra svizzerotedesca. Anzi io direi che cenare a cereali é un passo verso l’integrazione. Che é quello che gli ho detto al bebito: “magna amore che qui con gli zucchini ci dobbiamo integrare”. Lui nel frattempo ha continuato a guardarmi come a volermi dire “mamma, io qui ci son pure nato. non esageriamo, eh!”.-

- E poi adesso lo devo dire. Ti ho maltrattata, giudicata. Ho parlato male di te e ho pensato, a tratti,di cavarmela senza il tuo aiuto. Anzi, ho pensato che fossi più un peso che un aiuto.
Ma cara tetta, te lo devo dire. Grazie.
Senza allattamento non me ce la saremmo mai cavata: io, il bebito e il virus.
Perché il latte di mammà é una specie di calmante naturale. E ci fa sentire così vicini. E ci fa sentire così bene. E stretti, stretti nell’abbraccio dell’allattamento mi sono sentita tranquilla, protetta, con tutto sotto controllo. E ci siamo fatti anche delle gran dormite.
Insomma dai, alla fine a ben guardare, siamo stati un po' due bradipi addormentati e abbiamo vissuto momenti di una disarmante tenerezza.

E adesso son guarita (o quasi). Pronta a ripartire e ad affrontare questo mirabolate inverno bernese.
Ce la posso fare. Yuhuuuuuu.


domenica 10 novembre 2013

Riflessioni. Poi smetto.


 

Ah! Pensavate che fossi sparita tra una session di allattamento e l’altra? Che le tette si fossero impossessate di tutto il resto del mio corpo? Ebbene vi si siete sbagliati... perché sono ancora qui!

Ora, nel frattempo mi si é scassato il computer e sto scrivendo dal vecchio Fujitsu Siemens, che bisogna dirlo, non é un computer. E’ un highlander. E nel frattempo rifletto sull’acquisto del mio Mac fighetto, che dopo un anno e mezzo di vita é finito in riparazione (e tornerà - forse - tra DUE settimane). E il vecchio Fujitsu accompagnato dal caro Ubuntu gli ha bagnato il naso. E il vecchio Fujitsu accompagnato da Ubuntu sarà costato la metà. Ma vabbé. Non voglio fare pubblicità al Fujitsu. Però la farei volentieri a Ubuntu. Ma lasciamo stare. Anche perché il Fujitsu ha un problemino con le i, e se mi dilungo troppo questo post sarà composto da tante e infinite i.

Vi ho lasciati in totale sbattimento tra una notte insonne e l’altra. Nel mio ultimo post, scritto in un momento di grave difficoltà e sincero scoramento, mi lagnavo sproloquiando sul futuro del mio allattamento.
Come é andata a finire? E’andata a finire che ci ho pensato su. Ci ho pensato su a lungo. E sono giunta a svariate conclusioni:

1- L’allattamento finisce sempre sul banco degli imputati. Sempre. E a volte siamo noi stesse a mettercelo. Perché, se da una parte, i bambini  allattati si svegliano effettivamente più frequentemente rispetto a quelli non allattati, quando le sveglie sono troppe un motivo c’é. E la pazza ricerca della tetta non ne é che il campanello d’allarme.

2- Allatto un bambino di 18 mesi e, ggggiuro, non pensavo di arrivare fino a qui. Ovvio, l’UNICEF e l’OMS consigliano l’allattamento fino ai due anni (ed oltre). Ovvio sono una grande sostenitrice del latte di mammà, ovvio la tetta é troppo comoda, eccetera eccetera. Però nel più profondo di me, pensavo che ad un certo punto passato l’anno avrei piano, piano smesso. Il problema é che non ho considerato cosa ne pensasse lui. E con lui intendo il bebito.

3-A un certo punto ho deciso di smettere di allattare di giorno. E’ vero, il bebito ha smesso di chiedere e io ho smesso di offrire. Ma quando ha ricominciato a chiedere (perché é successo) io l’ho respinto. Mi fa male ammetterlo, ma é così. Perché l’ho fatto? Ora, starete pensando che l’ho fatto perché ad un certo punto mi è venuto in mente che rivolevo indietro il mio corpo, mi é venuto in mente che non potevo essere così legata  a lui. Ho sentito l’esigenza di un’indipendenza. Ho riflettuto molto anche su questo. Ed ora vi dico che ho iniziato a svezzare mio figlio per paura. Paura del giudizio degli altri. Paura di fare qualcosa di male,di sbagliato. Paura di ritrovarmi ad allattare un bambino che va alle elementari. Paura che così facendo si legasse troppo a me o io mi legassi troppo a lui. Insomma: TUTTE CAZZATE. Certe idee sono dure a morire. Crescono dentro di noi come un’edera rampicante e si affrancano ad ogni nostra piccola incertezza. Ad ogni nostro piccolo dolore. E così mi sono incaponita. Come se abbracciare mio figlio per un quarto d’ora al giorno fosse una cosa chissà che faticosa.
La superichiesta bebitica della notte forse ha compensato la sua mancanza del giorno. Perché poppare non è mangiare. Poppare é sentirsi rassicurati, amati, coccolati. Non bisogna mai dimenticarlo. E non devo dimenticarmi di fidarmi di lui. Sempre. Anzi, adesso me lo scrivo pure sullo specchio “Fidati del bebito. La fiducia è alla base di qualunque rapporto d’amore”.

4- Ho il diritto di dire di no. Ecco. Può sembrare un po’ in controtendenza rispetto a quello che ho appena scritto sopra, ma non é così. L’allattamento é qualcosa di bello per entrambi. E così deve restare. Se per uno dei due diventa pesante, spossante, noioso e troppo impegnativo, allora c’é qualcosa che non va. E tra lo smettere di allattare e il decidere come farlo, c’é una bella differenza.

5- Rileggendo questo blog a ritroso ho scoperto di essere sempre stata molto sincera. Forse troppo. E ho scoperto che i problemi sono ciclici. E che poi passano. E che ogni cosa è transitoria. Anche questa me la scrivo sullo specchio, và. Giusto per non dimenticare.

E oltre a tutte queste riflessioni, ho avuto la fortuna di ricordare di avere un’amica fantastica. E di ricordare quanto l’amicizia, quella vera é profonda, abbia la capacità di farci riflettere, di guarirci, darci coraggio e permetterci di guardarci dentro con la stessa semplicità di un’immagine riflessa allo specchio.
La mia amica fantastica é una di quelle che, se anche non sento per mesi, so che posso contare su di lei, so che é sempre lì. Senza rancori e senza silenzi. So che é sempre dalla mi parte perché mi vuole bene. Senza se e senza ma. Una specie di sorella, con la differenza che una sorella non la scegli, ti capita. Un’amica invece te la scegli.
E cosi,oggi in un momento di sconforto, l’ho chiamata. E lei mi ha detto qualcosa di semplice e bellissimo allo stesso tempo: tu pensi troppo. Ti tiri troppe storie. Smetti di pensare. Smetti di pensare che abbracciare tuo figlio dandogli o no la tetta sia male. Vivi giorno per giorno. E coccola. Se tuo figlio ti chiede una coccola non vuol dire che é viziato, vuol dire che ti ama. Il giorno in cui ti chiederà un pupazzo in più, l'ennesima playstation o chenesoio, ne riparleremo. Fregatene di quello che ti dice la gente. La gente non sa un bel niente di te, del bebito.
E poi...ti fai tutte ste paranoie anche per il giorno in cui toglierà il pannolino? Mi sembra proprio di no. Sappiamo tutti che quando sarà pronto,smetterà di farla nel pannolino. E quando sarà pronto smetterà di chiedere la tetta.

Questo post é dedicato a tutte le mie amiche lontane,

A quella che ho già citato.

A quella pazza, con i capelli rossi, con cui ho passato intere notti tra cosmopolitan, caramelle gommose e leisachealtro.

A quella con cui ho condiviso per anni la stanza e i sogni, che è diventata mamma per la seconda volta e che non riesco mai a chiamare.

A quella che vive a Londra e che si sposa l’anno prossimo.

A quelle che adesso sono pazze per lo yoga.

So che,anche se non ci sentiamo spesso, ci siete. E il solo pensarlo, mi rende felice.

p.s. sul fatto che io pensi troppo, me l’ha detto pure mio zio, il quale cito testualmente:
“ Sì però te se propri un po’ pesanta, e la mama el fiooo. E ma dai! Sta tranquila!
p.s. 2 resta il fatto che quando non si dorme, si sbarella.
p.s3 iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii


mercoledì 30 ottobre 2013

Tette e sbattimenti

E' da un po' che non scrivo. Ed è da un po' che latito l'internet, per la verità.
E' che di questi tempi siamo rientrati in pieno in una di quelle fasi che io amo definire “ohsignoredammilaforza”. Ovvero una di quelle fasi dove di notte non si dorme, di mattina si striscia come delle lumache, di pomeriggio si sviene e di sera...boh! chi se lo ricorda.

Tutti sappiamo che la privazione del sonno è un metodo di tortura tutt'ora utilizzato. E credo che come metodo di tortura riscuota i suoi successi. Perché la mancanza di sonno è una roba che ti sfianca, ti sfinisce, ti stende, ti cambia la prospettiva sulle cose. Nel senso che tutte le cose diventano molto, ma molto più faticose. Insomma un bel casino, và.

Perché non si dorme? Ebbene potrei dirvi che sono afflitta da pensieri ossessivi e da insonnia ricorrente. Giusto per scagionare l'esserino alto meno di un metro che mi circola per casa. Perché io, core di mamma, tendo sempre a giustificarlo, il mio esserino. Però non è difficile da intuire che la causa della mia mancanza di sonno sono i risvegli ricorrenti del bebito, risvegli che a partire dalle ore due di notte circa, sfiorano l'uno ogni mezz'ora circa. Insomma si dorme da dio.
E non parliamo del fatto che nei pochi momenti di lucidità che mi restano mi ritrovo a cercare le cause di questo suo sonno singhiozzante (avrà mangiato troppo? Troppo poco? Sarà che ha il naso chiuso? Sarà che si sta ammalando?). Oppure sarà che ogni volta che si sveglia per addormentarsi vuole la tetta?
Ecco ecco, che arriviamo al tasto dolente.

Credetemi, io sono una grande fan dell'allattamento, ve lo dico con il cuore in mano. E dopo, quasi, 18 mesi di tetta, penso di essere abbastanza affidabile. Però adesso io ve lo dico: sto iniziando a rompermi. Sto iniziando a rompermi davvero.
E' che, caspiterina, durante la notte non faccio altro che stare con le tette al vento! Cosa che, bisogna dirlo, faccio da 18 mesi. Ma quando il bebito era un bebé, dormire con la creatura attaccata alla tetta non era un problema: dormivo comunque. Anzi dormivo benissimo, l'allattare mi conciliava il sonno e il suo ciucciare era talmente delicato che nemmeno me ne accorgevo.
Un anno e mezzo dopo, invece, la cosa non funziona più. Il bebito ha smesso di essere delicato, ha messo un sacco di denti e ciuccia mettendoci una gran forza (e svuotandomi le tetta dopo quattro massimo cinque gollate). Dormire è impossibile.

Bisogna dire, per dovere di cronaca, che da un paio di mesi ho smesso di allattare di giorno. Lui ha smesso di chiedere e io ho smesso di proporre. Poi, quelle poche volte che ha richiesto, ho cercato di distrarlo improvvisandomi giocoliera o amante sfrenata delle passeggiate (quando mai?). E piano piano la tetta diurna è sparita. E' rimasta quella notturna che pare essersi sommata a quella diurna.
Insomma, un po' un casino, ma spero che si sia capito.

E' che ora mi trovo in questa situazione del cacchio, assonnata e confusa. Da una parte le sostenitrici del maternage che mi gridano a gran voce che è una fase, che poi passa, che devo tener duro e che a volte va così. Ma l'allattamento prolungato è una roba bellissima.
Dall'altra parte tutti gli altri, quelli che mi dicono che è ora di darci un taglio, che se non ce la faccio più nessuno mi obbliga e che devo smettere e basta.
E io non so che fare.
Che poi, parliamoci chiaro, l'allattamento prolungato ha dei lati positivi, ovviamente, altrimenti non sarei arrivata fino a qui. E' che in questo momento faccio un po' fatica a trovare la lucidità per elencarli. E d'altra parte noi “lunghe allattatrici” siamo molte restie al pubblico lamento, anche perché abbiamo paura che qualcuno possa attaccarsi alla nostra debolezza. Per dirci che siamo fuori di testa.

Io invece me ne frego! E mi lamento. Oh! Anche perché è giusto dire che non è mica tutto rose è fiori: che l'allattamento duri tre mesi o tre anni comporta sempre i suoi momenti difficili. E i suoi momenti di gioia. Naturalmente.
Ma ora io son stanca, ve lo dico. Son stanca di svegliarmi di notte ad allattare. Sono stanca. Sarà una fase? O è giunta l'ora di chiudere per sempre? O forse ho sbagliato tutto, avrei dovuto smettere di notte e non di giorno? (Che poi non l'ho mica deciso io, eh!).
Mah! Perché bisogna dirlo e ammetterlo: rinunciare al “ruolo” di nutrice non è mica semplice. Sembra una roba facile, ma non lo è. Fino ad oggi il bebito è sopravvissuto grazie al mio corpo, grazie ad una perte di me. E ancora oggi, grazie a questa parte di me, si addormenta, si sente rassicurato, si sente amato. E io mi sento utile. Mi sento mamma.

Insomma smettere sarà difficile, per tutti e due. Che poi dirlo non è come farlo.
O no?
No, ma che confusione.
E che sonno.
Vabbé preparo il topless e vado a letto. Và.

venerdì 18 ottobre 2013

Di puffi e sturalavandini

Il bebito ha iniziato a dire no. Cioè, non è che dica solo no, dice anche: mamma, acqua, miao, muuu e nanna. Però il “no” ha avuto un impatto un bel po' più incisivo. Molto più di muuu, ad esempio.
Oltre ad aver acquisito queste nuove potenzialità, il bebito ha cominciato anche a manifestare i lati oscuri di sé. Più che oscuri, diciamo i lati tipicamente umani, ecco. Cose tipo: “so che lì non dovrei mettere le mani e io appunto ce le metto volentieri. Anzi volentierissimo e ripetutamente”.
Va da sé che passare un pomeriggio intero in casa con lui può trasformarsi in un'esperienza un tantino molesta. Giusto un tantino. Rimpiangendo i bei tempi in cui bastava una tetta per risolvere un po' tutte le questioni.
Ieri giustappunto, mi ero messa in testa di pulire casa. Niente di metafisico, solo una spolverata qua e là e una passata di aspirapolvere.

Ho tirato fuori l'aspirapolvere e lui si è messo a: rosicchiare il cavo, spingere l'aspirapolvere, staccare la spina, tentare di riattaccare la spina, mordermi i polpacci (manco fosse un bassotto), mangiare la polvere e infine gridare come un aquila perché io in tutto ciò cercavo di non dargli retta (cioè contemporaneamente cantavo “44 gatti” ma a lui pareva non bastare). La crisi da “genitrice-scellerata-perché-non-mi-caghi” è durata circa un quarto d'ora. Un quarto d'ora di rotolamenti al suolo, urla e strepiti. Poi però si è ripreso. Allora ho tentato di pulire un po' il pavimento della cucina, giusto perché avevo paura di rimanerci attaccata. Lui ha aperto il cassetto delle vivande, ha tirato fuori un pacco di spaghetti (aperto), ha buttato gli spaghetti ovunque calpestandoli e creando tanti minispaghettini. Siccome sono una mamma tollerante e paziente gli ho detto “amore, va bene, gioca con gli spaghetti che intanto la mamma invece del pavimento pulisce il piano della cucina”. Però no. Il gioco degli spaghetti l'ha tenuto occupato due minuti circa, dopodiché è scomparso e riapparso brandendo una sturalavandini. Detta così pare il titolo di un film di serie B di una casa di produzione americana che non sa più bene cosa inventarsi: il bambino con lo sturalavandini. E detta così pare che io abbia lo sturacessi in cucina. Il che non è vero. Insomma sto sturalavandini ha pensato bene di darmelo sugli stinchi, lanciarlo e tentare di attaccarlo ai pensili della cucina. A parte che ho apprezzato la genialità del gesto (ha capito che la ventosa si attacca) mi sono arrabbiata. Quindi ho preso il bebito di peso, l'ho portato in salotto, gli ho dato il cesto con i libri e l'ho lasciato lì dicendogli “adesso guarda un attimo i libri che io tra cinque minuti arrivo”. Si, certo. Praticamente fantascienza pura, ma io sono una con una gran fantasia. Lui l'ha presa male, e ha ricominciato con il disco “genitrice-scellerata-ecc..ecc..” con tanto di urla, pianti e rotolamenti.

Così è stato che ad un certo punto ho sbroccato. E ho gridato come una specie di pazzoide. Alla faccia della mamma tollerante e paziente.
Ovviamente poi ci son rimasta male. Ho riflettuto sulle mie azioni e ci sono rimasta ancora peggio. Anche perché fino ad ora non era mi era mai successo di gridare come una pazza contro di lui. E non è affatto un bel gesto.
Però santiddio, ci son dei momenti in cui il mio amatissimo bebito mi fa uscire pazza! E ci sono momenti in cui mi verrebbe voglia di piazzarlo davanti alla TV con un DVD dei puffi che non finisce mai. Non so, magari nemmeno funzionerebbe.

In questi giorni, ve lo dico, mi sto sentendo una vera cacca di madre. Per non dire madre de merda che è un po' brutto. Intanto, l'ho detto.
Vi confesso che stamattina ero sollevata di andare al lavoro. Il che è tutto un dire.
E' solo che: cosa dovrei fare? Smettere di pulire? Guardate che io pulisco veramente il minimo sindacale, credetemi. Meno di così mi mandano l'ufficio d'igiene. Farmi aiutare dal mio compagno? Si ho capito, se non fosse che lui già cucina, fa il bucato e a volte pulisce pure i vetri. Per dire.

Ma cara, tienilo occupato, facendogli fare fantastici giochi educativi. Eh certo! Come se non ci avessi pensato. Infatti giusto l'altro giorno ci siamo messi a fare i travasi: piselli secchi e tanti contenitori. Per circa tre minuti il gioco pareva interessante: prendi i piselli da qui e mettili di lì. Poi la situazione è degenerata, i piselli son finiti in ogni angolo della casa e io mi son ritrovata a dover fare gli straordinari di pulizia. Lui ci è scivolato sopra, tipo cartone animato e ha rischiato pure di rompersi l'osso del collo. Molto educativo.

La soluzione naturalmente c'è. Io lo so benissimo. La soluzione è uscire, stare in giardino, andare a spasso. Insomma star fuori. Cosa che noi facciamo molto spesso, bisogna dirlo. Però mica possiamo sempre star fuori.
E poi signori, qui siamo a Berna stamattina c'erano tre gradi.
E l'inverno si avvicina. E io odio l'inverno. Io odio la neve. Io odio il freddo. Io odio star fuori al freddo. Io odio il cielo grigio. Io odio le palle di neve.
Vedete, i puffi mi stan già facendo l'occhiolino.

P.s. La scrittura di questo post è stata possibile grazie al gentile sostegno dello sturalavandini.

mercoledì 9 ottobre 2013

Il lato oscuro dell'internet


Ultimamente tendo ad avere l'umore vagamente ballerino. Ci son giorni in cui mi sento una vera gagliarda, una con tutto sotto controllo, una con mille idee e mille progetti, una che ce la fa. Ci sono altri giorni, invece, in cui mi sembra tutto difficile, faticoso, noioso, in cui nella testa sento solo tanta nebbia e tanta voglia di scappare in sud America e non farmi trovare più. Niente di grave, comunque. Credo sia così un po' per tutti, chi più (occhi il bipolarismo è in agguato!) e chi meno. Come si suol dire, c'est la vie.
I giorni in cui mi sento giù tendo a diventare piagnona e antipatica, una alla quale non si può dire niente. Nei giorni in cui mi sento giù peso sulle grandi spalle del mio compagno, porello, il quale si ritrova spesso confrontato con questi due lati di me.

E così durante l'ultima delle mie lamentele/crisi isteriche (Cit: checazz! Non riesco mai a combinare niente! Mi sento una vera fallita eccetera eccetera) lui mi ha fatto notare una cosa molto interessante. Mi ha fatto notare che perdo un sacco di tempo. Su internet.

A volte la verità offende (perché ovviamente il primo pensiero è quello di dire “che dici? Non è vero!”). A volte, invece, la verità ci fa riflettere. Perché io effettivamente passo molto del mio tempo libero davanti al computer. Il che voglio dire, in sé non è mica così male. Grazie a internet ho conosciuto tantissime persone interessanti, ho imparato tante cose. Grazie ad internet so cucire,  cucinare (si vabbé insomma di provo, ma se non ci fosse "giallo zafferano"...), a stirare una camicia, a mettermi l'eye liner senza sbavarlo, a organizzarmi le vacanze spendendo il meno del meno possibile. Grazie ad internet vengo a conoscenza di realtà interessanti, leggo recensioni di libri e film, mi tengo informata in modo critico (e non dal sito di Repubblica, che io tra l'altro boicotto, eh!), cerco in qualche modo di mantenere un po' di contatto con gli amici lontani. Grazie ad internet scrivo un blog che forse, ogni tanto, vi tiene un po' di compagnia o forse ogni tanto (spero) vi fa divertire o riflettere un po'. Insomma la lista delle cose che faccio grazie a internet è infinita. Ho imparato, però, che tutto ha un prezzo. Ebbene è così, la “comodità” non è mai gratuita. Il rovescio della medaglia è che a volte, l'internet, tende ad inghiottirti e da una cosa se ne guarda un'altra, da un video ad un altro, da un post ad un altro. E si trascura il tempo reale, quello delle cose vere.

Quindi, tornando a noi, il mio compagno mi ha fatto notare una cosa interessante: quando mi prendo bene per qualcosa di “concreto” e non virtuale sono molto, ma molto più serena. E in effetti è così: quando faccio la marmellata, lavoro a maglia, m'impegno a trovare un nuovo modo di arredare casa sono molto più tranquilla. E anche molto più simpatica. Così mi son ritrovata a dovergli dar ragione (a volte capita, eh!). Sarà anche che quando si fa qualcosa di “concreto”, si costruisce, si vede il risultato del proprio lavoro, si è anche più soddisfatti. Un po' come lavorare nell'orto, vedere le cose crescere, tenerle nelle mani.

Insomma mi sa che devo investire un po' più di tempo nelle cose concrete e meno tempo nell'internet. E poi ho pensato, non sarà mica la “malattia del blogger”? Cioè...scrivo su un blog perché mi fa stare meglio, solo che poi perdo un sacco di tempo su internet e in sostanza questo mi fa stare peggio. Un po' perverso. Ma forse si è capito.
Amici di internet, che ne pensate?
E poi, cosa ne penserà il mio bebito?
Oddio, non sarò mica internet dipendente. Aspetta che vado a cercare su google. A no. Ops

lunedì 30 settembre 2013

Le gioie della maternità

Oggi è stata una giornata uggiosa. Parecchio uggiosa. Il bebito è tornato dall'asilo nel bosco che pareva un cinghiale trifolato. Così, direttamente dal bosco, siamo andati a trovare un amico, uno che ha un orto gigante, una roba tipo azienda bio.
Naturalmente il bebito non stava più nella pelle tra girasoli, boschi d'insalata e lumache così ha pensato bene di mangiare un po' di terriccio, ciucciarsi acini d'uva (e gli affini insetti) direttamente dalla vigna e infine rotolarsi nelle pozzanghere (tentando di berne l'acqua). Insomma una zozzeria. Però bio.

Così, giunti a casa, riempio la vasca da bagno, prendo il bebito, lo spoglio e lo metto a mollo nella crusca (poi questa ve la spiego un'altra volta), cosa che, bisogna dirlo, il mio figliolo adora. Lui inizia ad emettere gridolini divertiti schizzando acqua da tutte le parti, io mi siedo tranquilla, tranquilla sul coperchio del water. Lui inizia a giocare con la paperella: la prende, l'affoga, la lancia, ride. Inizio ad insaponarlo. Tutto tranquillo.
Ed in quel momento lì, tranquillo, tranquillo, che lui ad un certo punto mi guarda, mi sorride, arriccia il naso, mi mostra i suoi quattro denti di sopra bianchi, bianchi. E io penso: mamma mia che patatone, mamma mia che gioia, mamma mai che squarcio di armonia.

Ed è nell'idillio di questo momento che lui si accuccia, mi guarda, ride e la fa. No, non la pipì. Quello sarebbe stato quantomeno simpatico, tipo che ne so la fontana di Bruxelles, per darvi l'idea. No, fa il resto. Tutto il resto. Così mentre il mio figliolo la fa nell'acqua della vasca, io dopo un un paio di secondi di sincero stupore (dove ho pensato “Sta accadendo veramente?”) schizzo in pedi, lo guardo con l'occhio spiritato e grido “OH MY GOD”. Così, in inglese. Praticamente una cretina.
Vabbé, poi riesco ad afferralo in tempo da evitare la totale contaminazione con i suoi liquami. E lo sciacquo nel lavandino. Che gioia. Che idillio. Che armonia.
Insomma dopo questa esperienza ho imparato che:

- L'uva americana non è molto digeribile. In particoalre le bucce.
- Bisogna sempre stare all'erta.
- Ho un bambino che se la ride anche quando nuota nella merda
- Nei momenti di panico so reagire con aplomb inglese

Mica male , no?

giovedì 26 settembre 2013

Alle dieci.

A volte, ve lo dico, basta proprio poco poco.
Sono in meritata vacanza, nel senso che non sto andando al lavoro e che mi sono presa qualche meritato giorno, di meritata pausa. L'ho fatto perché altrimenti mi veniva l'esaurimento. L'ho fatto anche se non avevo in programma nessun viaggio.
Ebbene queste son vacanze a chilometro zero:  vacanza a casa mia. Casetta mia per piccina che tu sia eccetera eccetera.
Non faccio le vacanze a casa da non mi ricordo quando. Forse da mai. Se ci penso bene le ultime “ferie casalinghe” sono state durante la maternità, ma non è che fossero proprio ferie. Quindi ecchecazz, non le faccio da mai. E adesso le sto facendo. Oh!

mercoledì 18 settembre 2013

Appunto...


Non so perché, ma in questi giorni mi è tornato in mente questo "sketch". E grazie a youtube, eccolo qui.
Facciamoci due risate. Va.

venerdì 13 settembre 2013

Libertà e Felicità. Il Giveaway Pura Vida!

Questo è un post per partecipare al Giveaway della mia amica Francesca. E' la prima volta nella mia vita che partecipo ad un giveaway, e lo faccio perché, appunto, è stato organizzato dalla mia amica Francesca che ha questo blog che mi piace taaaantissimo. Che cos'è un giveaway? E' un concorso. Ma non lo chiamiamo concorso perché è troppo oldstyle. A noi ci piace "giveaway". Naturalmente se è un concorso si vince qualcosa. In questo caso si vince un libro. Se anche voi avete voglia di partecipare, ecco qui come si fa. Affrettatevi però, che scade domani!

martedì 10 settembre 2013

Fermate il mondo. Voglio scendere.

Fino all'altro giorno mi bullavo del fatto che io tsé, non ho mica bisogno di far vacanza. Io son troppo una dura. Io ce la faccio, anche stando tutto agosto al lavoro, perché io sono una mamma lavoratrice troppo cool. Si, vabbé. Le palle. A volte si esagera un po', diciamoci la verità. Forse è un modo per dirsi “resta zen che va tutto bene”. Forse è un modo per prendersi un po' per i fondelli. Forse è un modo per giocare a fare la supereroina (si, si come no!).  Però io adesso ve lo dico: fermate il mondo che io voglio scendere.

Sarà che, nonostante lavori part-time, io mi senta una specie di impiegata sclerata, al punto che sono arrivata a prendere appuntamenti allo stesso orario, perché le mie quattro ore di lavoro no, non bastano. Quindi faccio cose tipo “otto e trenta ho una riunione importantissima in sala riunioni I e riunione importantissima in sala riunioni II”. Ore nove e trenta devo vedere quel cliente importantissimo e consegnare un report importantissimo al capo. Non so perché sto vivendo nella speranza che io riesca in qualche modo magicamente a sdoppiarmi e ad uscire quindi indenne dall'impiccio.Sarà poi anche che devo rivedere in miei metodi strategici nel gestire la mia incasinatissima vita lavorativa: quando quel mio simpatico collega mi chiese se mi andava di tradurre dei testi... io dissi “certo, che figo”. E mi son sentita una vera ganza perché ho dato la condizione più fica di tutte: sì lo faccio, ma lavoro da casa. E diciamoci la verità il lavorare da casa è il sogno più o meno proibito di qualunque lavoratrice-casalinga-mamma che si rispetti. Peccato che, ovviamente, avevo giusto un tantino sottovalutato la cosa, e tradurre venti pagine di roba dal tedesco all'italiano non è che sia proprio, proprio un lavoretto che si fa così, tra un caffé e un pacco di biscotti. E adesso sono un po' nella cacca. Che bello.

domenica 8 settembre 2013

Di ritorno

Le vacanze son finite. E' settembre, piove grosso così, mi sono rimessa le calze e sto giusto pensando che mi serve una nuova giacca invernale. Occhei, forse sto esagerando. Però è sempre meglio organizzarsi preventivamente, piuttosto che farsi trovare impreparati (Eh! Qui potrebbe nevicare da un momento all'altro, siamo a Berna).

Detto questo...son tornata! Ebbene la mia parziale “pausa internet” è terminata. Davvero. Devo dire, però, che ci voleva proprio. L'estate è fatta per stare all'aperto e anche il computer ha bisogno di prendersi qualche giorno libero, no?

Durante la mia assenza son successe tante cose. Tra queste:

- Ho avuto l'occasione di prendere parte, per la prima volta, alla festa del quartiere, del nostro quartiere molto multiculturale (anzi “multiculti” come si dice qui). E' stato bello. Avere sotto casa (ma proprio sotto, sotto) il mercatino delle pulci, bancarelle, cibo da ogni parte del mondo e musica fino all'una di notte, è una cosa che mi ha fatto sentire bene. Talmente bene che anch'io mi sono messa in attività: vendendo cupcakes. Sì lo so i cupcakes sono di moda e per niente “multiculti”. Però mi son venuti bene e tra l'altro ne ho venduti quasi cento. Tutti a teen agers impazzite, per altro. Quasi quasi lancio un'attività. Davvero.


lunedì 19 agosto 2013

Il sonnambulismo della nutrice. Parliamo un po’ di sonno.

Le tematiche riguardanti il sonno del bebé , bisogna dirlo, sono sempre nella top 5 di qualunque sito, libro, discorso o articolo che abbiano come tema centrale la maternità o l’infanzia in generale. Le ricerche su google che mettono in relazione “bambini - sonno”, “bambino non dorme” e chi più ne ha… si sprecano. Insomma il sonno del bebé è un sempreverde, un tema molto ma, molto hot.

Come ormai saprete, sono un’accanita fan del co-sleeping. Dormire tutti insieme nel lettone, a parte l’essere molto bello, è anche quello che fino ad oggi ci ha salvato dalle (troppe) notti insonni. Oddio, con questo non voglio dire che qui si è sempre, ma proprio sempre dormito, la nostra dose di insonnia ce la spariamo pure noi, che credete! Ma l’aver dormito con il bebito per tutto questo tempo ha sicuramente contribuito alla nostra sopravvivenza e ha salvato una buona parte del nostro sonno.

lunedì 12 agosto 2013

L’estate porta consiglio. Viva l’alpeggio e viva Segantini.



Parliamoci chiaro, l’estate è meravigliosa. Tutto sembra molto più carino, gioioso, divertente, leggero e simpatico…d’estate.
E vi dico tutto ciò senza essere in vacanza! Perché sappiate che agosto non è il sacro-mese-delle –vacanze quassù dove mi trovo. Anzi, oggi hanno riaperto le scuole, per dire. L’estate sta quindi lentamente volgendo al termine e nei negozi della sorniona capitale svizzera si trovano già zucche, funghetti e foglie morte. Lo so è quasi ferragosto. Ma qui siamo a Berna. Che ci dobbiamo fare.

C’è da dire però che, di questi tempi, stiamo facendo un bel po’ di gitarelle fuoriporta: week end a zonzo con bici&birocin, domeniche al lago e sabati in giardino con tanto di tenda piantata (e fornello per il caffè). Insomma un po’ come essere in vacanza, senza esserlo veramente.

E poi ci siamo concessi ben quattro giorni in alpeggio. Ebbene sì avete capito bene: io, lui, il bebito e tante capre.

martedì 23 luglio 2013

Pipponi estivi

Dopo qualche giorno di totale assorbimento lacustre, eccoci rientrati a casa. E bisogna dirlo, Berna d’estate è bellissima. E’ come se tutti si fossero finalmente scrollati di dosso la brina invernale impossessandosi all’improvviso di una voglia pazza di fare, giocare, gridare, nuotare e a volte anche cantare.
Insomma è come ci fosse nell’aria una pazza voglia di vivere. Cosa non da poco nella sonnacchiosa Berna, credetemi.


Ed è proprio in questa Berna su di giri che il bebito sta subendo una trasformazione: Il bebito che era sta lasciano piano piano spazio al bambino che sarà, e il bebé che fino a poco tempo fa condivideva il nostro letto, sta lentamente (ma nemmeno poi tanto) sparendo. E’ una cosa un po’ strana, anche se si chiama crescita, una roba che succede a tutti, niente di trascendentale. Però quando la vedi da vicino, questo crescita...

Avere un bambino è una gran fatica, e questo credo si sia capito. La vita che cambia, i ritmi che si riassestano, il dover pensare per lui quando a malapena ce la fai a pensare per te. Eppure è l’opportunità che ti da la natura di rimetterti in discussione, di tirare fuori le tue forze, di riassestare le tue idee, i tuoi ritmi e tutto quello che sei e che vorresti essere. E se tutti i genitori del mondo potessero seguire quello che ci dice la natura nel loro essere genitori, senza pensare a regole e alla cosiddetta educazione, ascoltando solo quello che dice la pancia! Che mondo migliore sarebbe questo qui! Perché in fondo la nostra pancia sa sempre quello che è giusto e quello che è sbagliato. E l’amore, si sa, è tutta questione di pancia.

E così mi ritrovo a pensare che mentre il nostro bebito cresce , noi ci lasciamo “toccare” dalla sua crescita, ci lasciamo cambiare. E diventiamo ogni giorno persone migliori. Ebbene sì, lasciatemelo dire, e dimentichiamoci la modestia, per una volta.

A volte mi fermo a riflettere su quanto io sia cambiata in quest’ultimo anno, su quanto io sia diventata più tollerante, più aperta, più interessata. A quanto ho letto, a quanto mi sono informata. A quanto ho imparato. Ho imparato soprattutto a soppesare le cose, a capire quali sono i problemi e quali non lo sono. E così mi capita di osservare gli altri, quelli che mi stanno intorno, e mi sembra di viaggiare su altri binari, a un'altra velocità.

Guardiamoli bene questi bambini, “Abbassiamoci” al loro livello, guardiamoli negli occhi. Approfittiamo di tutta la loro conoscenza e lasciamoci cambiare. E’ tutto di guadagnato.

Questo pippone estivo l’ho scritto giusto per dirvi che vista la splendida estate bernese, sarò un po’ latitante di questi tempi (ma si era già capito, o no?). E voi che mi seguite, vi prego perdonatemi! Torneranno le tristi giornate di freddo e pioggia, non temete.

E’ che tra l’orto (che cresce rigoglioso, comprese le sue erbacce), tra il bebito (che appena mi accingo a scrivere qualcosa al computer se ne arriva quatto quatto, pigiando tutti i tasti e mandando tutto in tilt), tra la casa (che è sempre un casino…e vabbé), tra il lavoro (che sì c’è anche quello), il tempo che mi resta è veramente poco, poco. Però non sparisco, eh! Io ci provo!


Intanto godetevi l’estate. E se siete intrappolati in città, inforcate gli occhiali da sole, piazzatevi davanti al ventilatore e mettete la seguente canzone a manetta.


mercoledì 10 luglio 2013

Pediatri che passione


Oggi sono stata dal pediatra. Ora, in una vita da mamma, l’avvenimento è tutt’altro che straordinario. Io però vi assicuro che ogni volta che ci vado faccio delle esperienze ai confini della realtà.

Noi mamme “natural” o sostenitrici del maternage, o mamme devote all”attachement parenting” o chiamatecicomevipare (oddio, detto così pare una setta! Era solo per farvi capire) abbiamo questo rapporto difficile con i pediatri, cosa ci possiamo fare. Una sorta di amore – odio. Più odio che amore.  Cioè, dipende dal pediatra.  Perché se pensiamo a tipi come il dottor William Sears, come Lucio Piermarini o come Carlos Gonzales, allora è ammmmore, con la A maiuscola. Se invece parliamo di pediatri più, diciamo così, convenzionali, allora no. Insomma, avete capito.

So che ci sono mamme blogger più brave di me. Ci sono mamme blogger che lottano con le unghie e con i denti. Lottano contro cosa? Vi starete chiedendo.
Lottano contro il loro pediatra, ovviamente. Lottano contro le sue tabelle d’introduzione di cibi, contro le sue pesate, contro l’antibiotico facile, facile, contro i vaccini, contro i suoi consigli strampalati sull’allattamento. Che ci vanno a fare, allora?  Eh, bella domanda. Dal pediatra si va, come si va dal dottore. Della serie, ci vado quando sto male. Poi da qui a considerarlo il padre eterno, a mio modo di vedere, ne passa. E poi trovare dei medici come i sopracitati non è mica semplice. Nel nostro caso ci siamo presi quello che passava il convento.

venerdì 5 luglio 2013

Basta un poco di zucchero e la pillola va giù...


Il mio rapporto con la medicina alternativa è iniziato molto tempo fa.

Io sono cresciuta con i miei nonni, i quali, da buoni nonni, facevano largo uso di rimedi popolari (altresì detti “della nonna”, appunto). E’ impossibile dimenticare i litri di tisana alla malva o al finocchio che ho dovuto trangugiare da bambina e l’odore dell’aceto che mi veniva messo in fronte per abbassare la febbre. E non posso nemmeno dimenticare che per qualsivoglia problema il “met sü un po’ da grapa” (mettici un po’ di grappa) era d’obbligo. In pratica, dalle mie parti, era buona abitudine avere una bottiglia di grappa in casa, da usarsi all’occorrenza, proprio come se fosse un farmaco (digestivo, disinfettante, contro strappi o dolori muscolari, per le punture d’insetti).
Mia nonna, che era anche solita soffrire di torcicollo, artrite e altri disturbi di tipo muscolare, oltre a questi metodi casalinghi, si affidava di tanto in tanto a una sua amica, una di quelle che “metteva le mani”. In pratica “la guaritrice” sosteneva di avere un “dono” e di essere in grado di lenire il dolore appoggiando le mani sulla parte malata del “paziente”. Di queste “guaritrici” ce n’erano molte nei nostri paesi e tutti, più o meno, conoscevano almeno una persona dotata del “dono delle mani”. La cosa, naturalmente, suscitava in me bambina un grandissimo fascino, un’attrazione dovuta a quel non so che di magico e misterioso.
Ci tengo a precisare che questa sua amica non era né una maga, né una fattucchiera, né una Vanna Marchi d’altri tempi. Era semplicemente una signora come tante altre, una si metteva gratuitamente a disposizione degli altri perché, appunto, aveva questo “dono”.
Mia nonna era fermamente convita del funzionamento della terapia “delle mani”.

venerdì 28 giugno 2013

Quando il bebito è in vacanza


Innanzitutto mi scuso per la lunghissimna assenza.  Prima di partire avrei dovuto scrivere “blog chiuso per ferie”, è solo che nei preparativi sono andata talmente in ansia che non sono riuscita a combinare più niente. E’ già tanto che io sia riuscita a fare la valigia.

Ebbene siamo stati al mare. Sabbia, sole, pareo, ciabatte, secchiello, paletta e rastrello. Io, il bebito e l’amica mia. Perché dovete sapere che il mio compagno è uno che al mare si stufa, ed è uno che potrebbe definire le vacanze balneari come “vacanze ignoranti”. Io invece al mare non mi stufo proprio per niente e amo crogiolarmi nella mia beatissima ignoranza da spiaggia.

domenica 9 giugno 2013

Il pericolo è il mio mestiere

Chissà per quale assurdo motivo, lo sviluppo motorio del bambino è un tema che suscita sempre grande interesse. Il quesito “ma di notte dorme?” a partire dagli otto mesi circa, viene sostituito da “adesso gattona?” e subito dopo da “adesso cammina?”. Diciamo che tutti questi quesiti “standard” riescono ad essere piuttosto fastidiosi, anche perché di solito il bambino non dorme, non gattona e non cammina nel momento in cui il martellamento di domande ha inizio. Secondo il mio compagno, questa attitudine generalizzata, avviene perché di solito la gente non sa cosa chiedere e quindi scivola sempre nelle solite banalissime considerazioni. In assoluta buona fede.
Naturalmente il bebito è un tipo che se l'è sempre presa comoda (tale madre...) e a dieci mesi se ne stava ancora seduto bello, bello paciarotto senza nessunissima intenzione di muovere il suo didietro in qualunque sia direzione. Poco male, nonostante fossimo già passati alla domanda “adesso cammina?” e io mi ritrovassi a rispondere “no, e nemmeno gattona”.
Poi, ad un certo punto, il bebito ha iniziato a strisciare e poi a rotolare ed in seguito a rotolare e a strisciare insieme, tipo marines. E in effetti con questa attitudine militaresca riusciva ad arrivare più o meno da tutte le parti, in particolare alla libreria (interessantissima, con tutti quei libri da tirare fuori e spargere ovunque) e al mobile del salotto (interessantissimo, con tutti quei cassetti da aprire e chiudere a ripetizione).
A questo punto la sottoscritta mamma ha pensato “forse non gattonerà mai, ad un certo punto camminerà e basta”. Il che non era mica tanto male, perché, a parte la libreria e il mobile del salotto la situazione era perfettamente sotto controllo. Era.

mercoledì 29 maggio 2013

Uno

Il bebito ha un anno.
Un anno, ci pensate? E’ passato già un anno! Cioè io-ho-un-bambino-di un anno. Un anno!
Occhei adesso smetto.
Il bebito, comunque, ha festeggiato il suo primo compleanno. Ed ha un anno.

L’idea era quella di festeggiare, sotto un gazebo rosso, con le bandierine, lo sciroppo alla frutta, i bambini dei vicini, le canzoncine e tutto il companatico.
Dovevamo essere una trentina di persone: i nonni, gli zii, gli amici, i vicini di casa, gli altri amici con i bambini, i vicini di prima e ancora gli amici.
Poi è successo che mio padre ha avuto un malore (niente di grave, eh!) e ha pensato bene di non venire, a mia zia è uscito un ascesso in bocca grosso così, che si è svegliata la mattina e sembrava Shrek, una mia amica è dovuta partire per un’emergenza e ….il bebito si è ammalato (di nuovo). Il tutto costellato dalla pioggia e dai, circa, sette gradi di temperatura esterna.
Abbiamo così deciso di invitare solo gli “aficionados” e di festeggiare tra le nostre quattro mura, pur avendo il bebito malatino (e il nonno paterno con il mal di pancia.).
Della serie: a noi la sfiga ci fa una pippa. Noi festeggiamo lo stesso. Tié!
Poi è andata a finire con la TV accesa sulla Formula 1 e gli amici tutti partiti alle tre. Me l’immaginavo un po’diversa, ma vabbé.

Il bebito ha ricevuto moltissimi regali, di tutti i generi e tipi. E questo è stato per noi un ottimo spunto di riflessione.
Ci siamo chiesti: come possiamo difendere il nostro bambino dal consumismo? E poi, lo si può veramente difendere? voglio dire, è veramente possibile difendersi dal consumismo?

Ora, voi starete pensando che io sia un po’ svalvolata a pormi delle domande del genere poco dopo il compleanno di mio figlio. E un po’ lo sono, lo ammetto. E poi stanotte è stata un'altra nottata alla Guantanamo Bay, ovvero mezz’ora di sonno e un’ora di sveglia, mezz’ora di sonno e un’ora di sveglia, mezz’ora di sonno e un’ora di sveglia. Potrei andare avanti. Ma non lo faccio.
Quindi può darsi che io non sia propriamente lucida.

mercoledì 22 maggio 2013

Zucchini si diventa


La Svizzera è un paese a dir poco particolare. Quattro lingue, quattro culture, ventisei cantoni (no, non quattro!), innumerevoli dialetti, tante montagne.
Io sono nata e cresciuta in Ticino, ho vissuto tanti anni in Italia, ho due passaporti e mi sento un po' di qua e un po' di là da ormai tutta la vita. C'è da dire che mai mi sarei aspettata di venire a vivere qui, al nord delle Alpi, nella terra degli svizzero tedeschi. E mai mi sarei immaginata di farci nascere pure un bambino (e vabbé, diciamo che sono stati i casi della vita a spingerci fino a qui e noi non ci siamo opposti. Giusto per chiarire le cose).
Sta di fatto che, nonostante io viva nel paese dove sono nata, mi senta di fatto un'espatriata, una specie di straniera in patria. Perché? Perché per ricostruire qui la mia quotidianità ho dovuto fare un bel percorso di adattamento e integrazione...e perché qui al nord delle Alpi ci sono alcune cose che sono un tantinello diverse rispetto al sud (a partire dalla lingua, naturalmente).

mercoledì 15 maggio 2013

Anche l'occhio vuole la sua parte

Ora, non è che io sia una fissata con l’estetica. Mettiamo le cose in chiaro.
Però anche l’occhio vuole la sua parte.
Care amiche e amici della Leche league, io vi stimo veramente tanto. Il vostro manuale “l’arte dell’allattamento materno” è stato per me una vera è propria bibbia (tant’è che ce l’ho sia in italiano che tedesco..anche se il secondo l’ho trovato per strada “gratis zum mitnehmen”). Sono iscritta alla vostra pagina facebook nella quale pubblicate spesso informazioni molto interessanti. Mi sono anche fatta socia, con tanto di quota da sostenitrice. Conosco diverse persone che hanno preso contatto con una delle vostre consulenti per l'allattamento e sono state concretamente soddisfatte.
Una cosa, però, ve la devo dire.
La grafica dei vostri libri è agghiacciante. Gli invii cartacei che fate ai soci non ci risparmiano di caratteri ridicoli tipo “cominc sans” o di foto in bianco e nero fotocopiate (male). La foto della vostra pagina facebook è inquietante (nello specifico una tetta turgidona e tatuata con annesso un bimbo con bocca spalancata, protratto in avanti).
Cioè ad esempio, parliamo proprio “dell’arte dell’allattamento materno”. Dai, diciamo le cose come stanno, già la copertina basterebbe.
Ma non sapete cosa c’è dentro! Foto vintage, di simpatiche mamme very 80s, cotonate e in vestaglia. Padri pelosi e baffuti che stringono al petto pargoletti. Testimonianze di mamme scritte con qualche altro carattere assurdo. Il titolo poi sembra fatto con il “wordart”.
Detto così può sembrare simpatico, però io un libro così non l’avrei mai comprato (è che me l’hanno consigliato, e meno male). Che ne dite, anni a lavorare nella comunicazione mi hanno traviata?
So bene che la sostanza è più importante dell’apparenza eccetera eccetera. Però un bel libro merita anche una bella impaginazione, una bella copertina e magari delle belle foto (ne basterebbero anche molte meno, care amici e amiche della Leche league). Qui la grafica sembra fatta “dall’amico mio che sa usare il computer “ e le foto “da quell’altro amico mio che c’ha la macchina fotografica bella e la moglie che allatta i figli in tandem”. Per intenderci.
Se poi vi capitasse di sfogliare “genitori di giorno e di notte” di William Sears (altro libro che in realtà consiglio) tenetevi forte.
Un giorno ho mostrato entusiasta i due libri ad un’amica. Lei mi ha fatto gentilmente notare che il mensile “La torre di guardia” dei Testimoni di Geova è graficamente molto più accattivante. Questo me l’ha detto dopo aver esclamato “ma che roba è?”.

Quindi cari amici della Leche league, forse effettivamente sono io che esagero. Lo so che i costi di queste cose sono sempre molto alti e che ci sono cose ben più urgenti nelle quali investire i soldi. Però, dai, pensateci su. Al massimo fate qualcosa di neutro. Ce l’avrete un amico che sa usare bene il computer, no?

P.s. Questo post è nato dopo aver ricevuto l’ultima corrispondenza da parte della Leche league
P.s 2 Appena ho finito di scrivere questo post mi hanno suonato alla porta. Era Oronzo, che in un perfetto italiano, volevo parlarmi della Bibbia. Non scherzo. Nemmeno sul fatto che si chiamasse Oronzo.

venerdì 10 maggio 2013

Malanni

Non scrivo da un po', ma vi assicuro che ho la scusa pronta. E vi assicuro che sono giorni che cerco di scrivere qualcosa. Senza successo.
Che i bambini si ammalino spesso, è cosa risaputa. Certo che non pensavo capitasse proprio così spesso.
Siamo da poco scampati alla varicella ed eccoci di nuovo qui, io, lui e la primavera fuori dalla finestra. Sto per scrivere un altro post sulle malattie? Avete fatto centro.

Non mi dilungherò molto sulla sintomatologia, vi dico solo che qui c'è tanta febbre, tanti pianti e patemi d'animo (della mamma, del papà e del povero e dolorante bebito). Sto passando i pomeriggi con il bebito spalmato addosso, tipo pelle d'orso o, meglio, tipo koala. Anche quando vado in bagno.

Lunedì prendo appuntamento dal pediatra, insospettita dal fatto che il bebito, oltre ad avere la febbre alta, è molto sonnolento e si tocca le orecchie. Mi sento un po' scema quando al telefono dico "vorrei venire perché mi sembra che dorma un po' troppo". Mi fissano l'appuntamento per il giorno stesso e mi comunicano che il pediatra che l'ha visitato l'ultima volta, non c'è. La notizia mi tira su un po' il morale (il medico in questione è uno che ti liquida in 5 minuti anche con la lebbra, ha novant'anni e i capelli tinti).

lunedì 29 aprile 2013

Vita spericolata

Giusto l'altro giorno stavo ascoltando la radio, cosa che faccio assai raramente. Il cielo era grigrio, il bebito malaticcio, io avevo le occhiaie scavate con la scavatrice e un sonno primordiale.
Alla radio passava vita spericolata di Vasco Rossi. E ho pensato, che botta di vita! Questa vita è spericolata davvero.
Così mi è venuto in mente quello spot anni '90 della Chicco. Ve lo ricordate? No? Ecco qui, giusto per rinfrescarvi la memoria.


Avete osservato bene lo spot? Tutto inizia con la simpatica nonnina con pappa sull'occhiale, poi si passa ai vari papà in stile "tre scapoli e un bebé", poi sempre il papà con il biberon in mano in preda a vicissitudini notturne, la mamma che fa la fotografa di moda e il figlio le butta il succo sulle foto, il papà che passeggia per far dormire la creatura mentre la mamma lavora al computer.
Era il 1995, il pantoloncini sgargianti da ciclista andavano per la maggiore, io usavo dei nastri per capelli colorati, bracialettini di plastica e morivo dalla voglia di sapere quale regalo era in allegato al Cioè della settimana. Il poster dei Take That capeggiava nella mia stanzetta. Era un'epoca così...non so come dire, spensierata, ecco. Tutti quanti sembravano avere dei grossi occhiali rosa con i quali osservavano il mondo. Credo che i pubblicitari della chicco indossassero gli stessi occhialoni rosa quando, nella loro grande sala riunioni, si devono essere detti: "si facciamolo così lo spot, il papà che mette a letto i bambini, la donna in carriera che è anche mamma, dai, si che roba young, fresh, attuale, cool!". In effetti il risultato è divertente, così yuppi che ad un certo punto hai paura che la mamma con il computer cacci fuori un cellulare gigante alla Gekko.
E vabbé, si sa che la pubblicità raramente è veritiera. Però io lo spot me lo ricordo bene e mi ricordo anche che lo guardavo credendoci veramente, con i miei occhiali rosa ben fissi sul naso. E naturalmente me lo ricordavo ben diverso, molto ma molto meno stereotipato.
Dopo aver cercato la pubblicità chicco su youtube mi è capitato di rivedere due spot che hanno segnato la mia infanzia: la réclame del "cristal ball" e quella della "fabbrica dei mostri". La prima cosa che mi è venuta in mente è: ma chi comprerebbe mai tali schifezze ai figlioli? come minimo contengono orribili chimicate pronte a bloccare la crescita! Eppure le compravamo ugualmente e il problema chimicata non ci sfiorava minimamente. Era un'epoca così, si consumava, si credeve alla TV, era tutto leggero e spensierato, si credeva veramente agli stereotipi dei giovani in carriera, alla famiglia della barilla, al giralamoda e alle ville di polly pocket con piscina annessa. Guardavamo la TV per ore e nessuno sembrava preoccuparsene, mangiavamo una schifezza frizzante dal nome "Tiki" senza pensare di morirne sul colpo. Eravamo un po' rincoglioniti, ecco.
Non so se tutti indossassero gli occhiali rosa o se il rosa sia stato semplicemente il colore della nostra dolce e spensierata adolescenza. Mah!

Sta anche di fatto, però, che quando si inizia a guardarsi indietro, vuol dire che si sta invecchiando per davvero.
Oh cacchio.

lunedì 22 aprile 2013

L'atroce dubbio


Questi ultimi giorni non sono stati tanto facili. Febbre, varicella, stanchezza, notti insonni e poi ancora il lavoro, la casa, le cose.

Ed è proprio negli ultimi giorni che si è insinuato in me “l’atroce dubbio”, quello che ti fa pensare che hai sbagliato tutto, che stai sbagliando tutto, che è tutto un casino e tu ne sei responsabile. L’atroce dubbio è una gran brutta cosa, perché ti toglie anche quel poco sonno che ti è rimasto. L’atroce dubbio ti fa sentire una fallita totale e ti fa anche venire la luna di traverso.

Com'è arrivato, l'atroce dubbio?

venerdì 19 aprile 2013

Contagion

"Dimmi un po', ti starà mica venendo la varicella??"
Che io sia un po' naïf è cosa risaputa. C'è stato un tempo in cui qualcuno mi chiamava "svampita", ma è stato tanto tanto tempo fa. E' che sono fatta un po' così, a volte ho un elefante rosa che mi balla davanti al naso e io non me ne accorgo. Che ci vogliamo fare.
Così, quando lunedì mattina ci siamo alzati dal letto, non ho dato troppo peso alle pustole che il bebito aveva sulla testa. C'è da dire, in mia difesa, che qualche settimana fa siamo caduti vittime della temibile "sudamina", che in pratica non sarebbe niente di che, solamente delle macchioline rosse che si formano in zona pannolino a causa del sudore; è bastato lasciare il bebito con il culo al vento per un paio di sere per risolvere la situazione.
Lunedì in effetti le macchioline erano un po' più grandicelle ed anche un po' più pustolone. Il bebito era anche nervosetto, ma si sa che il lunedì è lunedì per tutti. Sto per mettergli la giacca per portarlo al nido, quando noto delle macchioline anche sulla nuca, mi insospettisco, lo spoglio e gli misuro la febbre. Niente febbre, "vabbé dai non è niente". Lo rivesto, lo porto nel bosco e vado in ufficio.

Arrivata in ufficio, casualmente una mia collega mi chiede come va il bebito. Io le dico "bene, a parte che stamattina aveva delle strane macchioline sulla testa" e lei " e sul collo, magari?" e io "si, in effetti" e lei "guarda che potrebbe essere Windpocken (lo scrivo in tedesco, perché la conversazione si è svolta in tedesco". E che sarà mai sto Windpocken? è grave? "no, no" dice lei "è una cosa che hanno tutti i bambini, ma se se ne accorgono al nido ti chiamano subito" e me lo dice in un modo così rilassato che io penso sia una cosa tipo la sopracitata sudamina.
Accendo il computer e scrivo "Windpocken" nel dizionario on-line. E appare, ammiccante, la parola varicella.

domenica 14 aprile 2013

Che tempo che fa...

Mi ero ripromessa di smettere di parlare del tempo. Non perché l'argomento non sia attrattivo, tutt'altro. E' che la realtà metereologica ha ormai monopolizzato qualunque tipo di conversazione, nella stragrande maggioranza dei casi attivando la "modalità lagna".  Ed è così che questo lunghissimo inverno è anche diventato la causa di tutti i dolori e di tutti i mali:

- come sta il bebito? -
- dorme poco ed è un po' raffreddato-
- e per forza con questo tempo!"

- come stai?-
- ma...un po' stanca-
- e certo! Con questo tempo!-

- Cos'hai fatto durante il week end -
- Niente di che, siamo stati a casa -
 - e per forza con questo tempo!-

mercoledì 10 aprile 2013

sì viaggiare, gratis zum mitnehmen!

E' nel percorso mattutino verso il nido che ultimamente faccio degli strani incontri
Settimana scorsa, mentre accompagnavo il bebito alle sette e mezzo del mattino (sì, avete capito bene!) mi ferma una tizia e mi chiede "scusi, sa dov'è l'ospedale?" e io felice di sapere la risposta "laggiù, sempre dritto, poi giri a destra...", e lei "no, non è lì" E io "mmmm, sì è lì...ci passo davanti tutti i giorni" e lei "no, no non è lì". E rimane lì impalata a fissarmi. E io rimango impalata a fissarla. Il bebito emette un "ehhhhhhh", giusto per rompere il ghiaccio, e io me la filo borbottando qualcosa.

Ieri ci svegliamo un po' in ritardo e il percorso verso il nido si trasforma in una corsetta mattutina. Dovete sapere che vicino a casa mia si trova la sede dell'Unione internazionale delle Poste. Non ho idea di cosa sia, ma credo sia la posta delle poste..no, giusto per dire. In pratica è un grande palazzo pieno di gente vestita bene che facosenonspecificate.

sabato 6 aprile 2013

Che roba cool

Passando in rassegna tutto quello che ho scritto fino ad oggi, non ho potuto non notare una cosa: mi sono lamentata piuttosto spesso. Ebbene sì mi sono lagnata a momenti alterni, mettendo l'accento sulle mie tragicomiche esperienze quotidiane. Vista così, l'esperienza della maternità pare un gran sbattimento. E' quindi per risollevare gli spiriti che mi accingo a scrivere quello che sto per scrivere.
C'è da dire che la tendenza al lamento è attitudine diffusa e che tenere un diario serve anche come valvola di sfogo. Ma c'è anche da dire che ultimamente mi sono fermata a pensare che, sì questo bebito mi piace da matti, e mi piace passare del tempo con lui. Ma va? direte voi. Bé, sappiate che un conto è dirlo, un conto è sentirlo per davvero.

venerdì 29 marzo 2013

Di ritorno nei miei Jeans

E' con mia grande sorpresa che in questi giorni mi sono accorta di essere dimagrita. Ero talmente impegnata a fare e a pensare ad altro che non ci avevo proprio fatto caso; poi ad un certo punto complice una specchiatina in più, mi sono detta "hei ma guarda un po', fammi un po' provare quei jeans che mi mettevo prima dei jeans pre maman" e, sorpresona, non solo ci sono entrata ma li ho anche chiusi con agilità. Li indosso da quel dì, forse è ora di smetterla, ma l'impennata subita dalla mia autostima non ha pari.

C'è da dire che prima di restare incinta ero al massimo della forma, non solo fisica, ma diciamo così anche sportiva. Per andare e tornare dal lavoro facevo regolarmente 15 chilometri in bici al giorno (e mica tutta pianura, eh!) e nel fine settimana se ne aggiungevano sempre almeno un'altra cinquantina (o più). Questo non perché io sia una fissata del fitness, anzi! Vivendo in una città dove la bici la fa da padrone, ho imparato a far di necessità virtù. Un compagno appassionato di ciclismo, una bici da corsa fucsia e tanta voglia di andare in giro hanno fatto il resto. Quindi prima della gravidanza ero, diciamo così, piuttosto asciutta anche se il peso non ve lo posso dire, semplicemente perché in casa non abbiamo una bilancia (no, questo per farvi capire che non è che io sia una fissata della linea, mettiamo le cose in chiaro!).

venerdì 22 marzo 2013

Il sesso post parto


Eccomi tornata dopo qualche tempo di assenza. Naturalmente la mia assenza è giustificata dai casi della vita, come ad esempio un fine settimana con vomito a getto e altri mille impegni. Felicità.

Oggi ho intenzione di dirvi qualcosa d’importante. Ebbene voglio abbattere il muro del silenzio, voglio svergognare definitivamente il tabu dei tabu.
Oggi vi parlerò di sesso post parto.

lunedì 11 marzo 2013

I genitori genitori di Lucio Piermarini

Ed ecco qui una citazione, tratta dal libro di Lucio Piermarini "Io mi svezzo da solo". Sul libro e sui suoi contenuti riguardanti lo svezzamento tornerò presto. Quello che vi propongo qui è un passaggio che ho trovato semplice, esplicativo e interessante.
Un po' in dubbio sulla parte in cui parla dell'opportunismo del bambino. Ma è uno spunto interessante.

I genitori genitori di Lucio Piermarini

Normalizzando tutto il percorso che va dalla gravidanza alla nascita ed eliminando tutti gli stereotipi che si sono stratificati sopra l'immagine del neonato-lattante-bambino, senza pretendere di tornare nel paradiso terrestre, i genitori tornano a scoprire dentro di sé tutte quelle competenze che la natura ha dato loro per metterli in grado di accompagnare il proprio figlio lungo il cammino verso la maturità (...).
Le mamme, e i papà, sono felicissimi di spalmarsi addosso i figli, di farseli dormire vicino, di allattarli a richiesta, e di portarli a spasso con marsupi e fasce. Ne hanno piacere e vantaggio perché i bambini, sentendosi più sicuri, piangono meno e si costruiscono un'immagine del mondo serena. Li cercano e li coccolano gratis, prima ancora che il bambino ne faccia richiesta frignando.

giovedì 7 marzo 2013

La (quasi) fine di un babytrip

Da quando è nato il bebito ho profondamente cambiato percezione di me stessa. Ho iniziato a percepirmi principalmente come una mamma, il che ha provocato in me un grande stravolgimento psicofisico. E' uno scombussolamento talmente radicale che è difficile da spiegare: prima eri una giovane donna alla costante di ricerca di un suo posto nella società e allo stesso tempo presa da problemini quotidiani oserei dire piuttosto "grassi". Quel che succede dopo non te lo puoi aspettare, ma è una cosa talmente grossa che ti spara dritta sul pianeta bambino, senza farti toccare la terra ferma.
Da quando sono rimasta incinta sono entrata in quello che oserei definire "il babytrip" ovvero quel tunnel infinito di bambinomanie più o meno gravi. Credo che ogni gravida diventi ad un certo punto vittima del babytrip, chi più e chi meno.

martedì 26 febbraio 2013

Moccoli

E poi, proprio quando stavi iniziando a pensare che l'avevi scampata, che in fondo ti era proprio andata bene, arriva lei. Qualche giorno prima stavi iniziando a far quadrare le cose, a dirti che tutto-va-benissimo-aspetta-un-attimo. Insomma stavi lì bella, bella tranquilla, senza proprio pensare che tutto potesse cambiare da un momento all'altro, un po' come una randellata presa sul coppino in un modo fulmineo e istantaneo che proprio non te l'aspettavi. Nossignori, non sto parlando del recente risultato elettorale italiano, mi dispiace ma non sono abbastanza lucida per parlare di politica. Sto parlando di lei: l'influenza. Non la mia, naturalmente (io ho già dato, ovviamente), sto parlando della sua: l'influenza bebitica.
Sempre concentrati sul "penso positivo" devo dire,  a onor del vero, che il nostro bebito è stato sano come un pesciolino per ben nove, dico nove, mesi. Quindi adesso star qui a lamentarmi può apparire un tantino, come dire, anacronistico. Ma vabbé, lasciatemi lagnare un po' in pace.
(E bisogna anche dire che visto il risultato elettorale italico, star qui a lamentarmi per un banale raffreddore può sembrare un po' uno sproposito).

lunedì 18 febbraio 2013

Felice

E poi all'improvviso arrivano fine settimana come questi. Un giro in centro, una merenda tra amici, una passeggiata al fiume, un po' di tempo arrotolati sul divano, un panino per pranzo, gli occhiali da sole (finalmente!), due tizi vestiti da lumaca in mezzo alla strada, la sveglia alle dieci. E poi risate, tante, tantissime e baci a quelle guance fresche, cicciotte e liscissime. Quelle manine che ti si attaccano al collo, quella testolina che ti cade sul petto, quei dentini che ti mordicchiano, quel modo speciale di guardarti, il sentirsi amati e indipensabili. Rendersi conto che essere mamma è qualcosa che ti entra dentro, che ti cambia, che si intreccia con quello che eri e con quello che sei. E' qualcosa che d'improvviso ti inonda la vita.
Prendere coscienza di stare costruendo i suoi ricordi felici, quelli che quando sarà adulto come noi saranno risvegliati da un odore, un sapore, un luogo. Quelli che gli doneranno un pizzico di felicità anche nei momenti di malinconia.

Tra poco sarà lunedì e noi siamo qui, pronti ad esserne divorati.
E io mi godo gli ultimi minuti di questo fine settimana. Li assaporo pensando che siamo fortunati, ricchissimi. Non ci manca proprio niente.  



martedì 12 febbraio 2013

L'equilibrista presa male

Ci sono giorni come questi dove mi sento un'equilibrista: lavoro, casa, bebito, tata, inserimento al nido, pasti, piatti sporchi, lavatrici, cena, tetta, letto. Il tutto camminando sul filo, concentrata, attenta e tesa. Il tutto nella consapevolezza che basta un'incertezza, un passo falso, una bazzecola per farti finire dritta per terra.
Sarà anche l'inverno, sarà anche la neve, sarà quel che sarà, ma le mie giornate, di questi tempi, sono un tantino dure. Fisicamente, emotivamente e a tratti anche psicologicamente (mettiamola così!).

Confesso che a volte mi manca la mia vita di prima (ecco l'ho detto!). Mi manca il cinema, lo spostarsi facile e senza problemi, le cene io e lui da soli a parlare di cose che non c'entrano con il bebito, le serate con gli amici, le uscite di casa dopo le nove. Mi mancano gli aperitivi alcolici e le risate in compagnia. Mi manca fare l'amore quando ci va.
Tutto ciò per dirvi che, anche se avere un bambino è una cosa bellissima, non è che sia sempre tutto facile (ma va?). Delle volte ci si sente un po' schiacciati dalle mille incombenze, da una cosa e dall'altra. E' come se di questi tempi la mia vita fosse scivolata dentro ad un Minipimer: sono sbatacchiata da tutte le parti e il tempo mi scivola via dalle mani senza che io riesca a capire cosa ne abbia fatto. L'unica cosa che capisco è che di rado ne ho fatto qualcosa di divertente.

sabato 9 febbraio 2013

Sono la mamma green della settimana!

Tra una cosa e l'altra mi sono dimenticata di segnalare una cosa molto importante.
Sono la mamma green di questa settimana! Hip Hip, Hurrà! Viva le "greenitudini"!
Eccovi qui il link per leggere l'intervista. http://www.babygreen.it/2013/02/rosalita-mamma-green-della-settimana/

E già che siete, fatevi un giretto sul sito. Ne vale la pena!

giovedì 7 febbraio 2013

Un dottore del mio clan

Chissà perché a volte si ha paura di esternare le proprie scelte. Si sa, siamo animali sociali, viviamo in grandi branchi e l'opinione degli altri, di solito, ci sta molto a cuore. Diciamo che ognuno di noi fa parte di un clan e che ognuno di noi fa delle scelte: alcune si avvicinano alla maggioranza degli affiliati al proprio clan, altre meno. A volte sono proprio queste scelte a determinare l'appartenenza ad un clan piuttosto che a un altro e per questo può capitare di avere un po' di timore nell'esternare alcune cose.  E può capitare di sentirsi dei veri idioti, proprio per questo motivo.
Insomma, tutto questo giro di parole, per dirvi che a volte mi scoccia un pochino il dover esternare le mie idee sul maternage,  non so se perché. Forse perché non ho sempre voglia di spiegare a tutti che anche se il nostro bambino dorme con noi, anche se non lo lasciamo mai piangere, anche se mangia quando, come e quello che vuole (notte e giorno, tetta libera compresa), anche se non pensiamo affatto che sia un piccolo furbo e manipolatore...non siamo dei pessimi genitori. Quindi può capitare che alla domanda "ma adesso la fa tutta la notte?" io risponda "si, si" anche se in realtà qualche ciucciatina notturna se la fa sempre. Ed è capitato che alla domanda "dove dorme " io abbia cercato di glissare sulla risposta. Ultimamente, però, mi sono detta "e chi se ne frega, noi dormiamo con il bebito nel letto e ne siamo fieri".
Per questo ho iniziato ad esternare le mie scelte, con tutti.
E la cosa mi ha riservato non poche sorprese.

venerdì 1 febbraio 2013

Piccola guida al regalo intelligente

Tempo fa ho scritto un posto sugli acquisti intelligenti. Non ho parlato però dei regali intelligenti.
Quando si ha un bambino capita di ritrovarsi sommersi da regali e regalini, alcuni utili altri, ahimé, decisamente inutili.
C'è però da dire che quando una coppia di amici ha un bebé, viene spontaneo regalare qualcosa e, di solito, si spera di offrire qualcosa di adatto e magari anche di pratico.
Essendo mamma di un 8mesenne, ho iniziato ad inquadrare pian pianino quali sono quelle cose che fino ad ora mi sono servite o che mi sono sembrate "simpatiche".
Eccovi quindi la mia personalissima guida al regalo intelligente. Ho escluso dalla lista tutto ciò che si può considerare di "base" come ad esempio la fascia portabebé, il seggiolone o il passeggino perché penso che, se le si vogliono regalare, è meglio che le scelgano i diretti interessati in base alle loro esigenze.
Tenete presente che niente di ciò che sto per indicare è indispensabile! Resto dell'idea che la stragrande maggioranza delle cose siano superflue (un bambino ha tanti bisogni, nessuno materiale), ma mi è capitato molto spesso di dover dare consigli sul cosa regalare ad una neomamma. Quindi piuttosto che ricevere delle stronzate colossali cose del tutto inutili, eccovi qui una bella lista.
Ho presto in considerazione regali per tutte le tasche. L'ordine è puramente casuale.

domenica 27 gennaio 2013

Il rosa e l'azzurro

Fino ad oggi ho avuto la fortuna di dover comprare pochissime cose per il bebito. Questo perché ho avuto il privilegio di avere delle simpatiche amiche che mi hanno passato quasi tutto.
Però, si sa, qualcosa manca sempre: un cappellino, un paio di calze, una giacca. Quello che ho potuto l'ho preso usato, ma mi è inevitabilmente capitato di bazzicare per qualche negozio di articoli per bambini.
Nello specifico l'altro giorno ho comprato due paia di calze al bebito e mentre le compravo notavo i soggetti impressi su tali calze: macchinine su un paio e una betoniera sull'altro. Ora, non è che io abbia scelto i soggetti in questione perché particolarmente simpatici o divertenti, è che non c'era alternativa. A meno che non volessi comprargli delle calzine rosa con i fiorellini.
Ci tengo anche a specificare che io non ho proprio niente contro macchinine e betoniere ma non ho potuto non notare che di trattorini, trenini, camion e cose varie ne abbiamo i vestiti (quasi) pieni. E fino ad ora non ci avevo veramente fatto caso.
Così ho iniziato a passare mentalmente in rassegna i vestiti che metto abitualmente al bebito e, oltre al fatto che i mezzi di trasporto si sprecano, spesso sono arricchiti da scritte tipo "Race team" o da versi onomatopeici come "Vroooom vrooom" o "Brum Brum".

domenica 20 gennaio 2013

Mentalità belga


Reduce da qualche giorno di influenza, rieccomi.
In realtà non è che abbia proprio preso l'influenza, diciamo piuttosto che ho preso freddo. Tanto freddo. Tantissimo. E credetemi, quando si prende tanto freddo si finisce per ammalarsi, proprio come diceva mia nonna.
E' che quando si ha un bambino piccolo si fanno cose strane, cose che prima mai ci si sarebbe immaginati di fare, cose pazze.
E questa che vi sto per raccontare è, fino ad ora, la più pazza di tutte (ok, mettere le mani nella pupù per pulire un pannolino lavabile...è forse peggio, ma non è tanto divertente da raccontare).

Dovete sapere che ho la fortuna (o la sfortuna?) di abitare a quindici minuti a piedi dal mio posto di lavoro. Questi quindici minuti si riducono a circa otto se la tratta è fatta in bicicletta Conseguentemente avendo le tempistiche piuttosto serrate (causa tata che ad una cert'ora se ne deve andare e bebito che ad una cert'ora deve mangiare) uso allegramente la bici per recarmi al lavoro. Allegramente si fa per dire, anche perché qui le temperature sono polari e tra casa mia e il lavoro c'è giusto un cavalcavia dell'autostrada che mi spezza le gambe in due. Ma vabbé, stringo i denti e pedalo.

venerdì 11 gennaio 2013

Le brave mamme


Quando è nato il bebito più di una persona mi ha posto una strana domanda:
“Hai amiche con figli neonati?”
Così ci ho riflettuto un po' e mi sono accorta di non avere, qui nelle vicinanze, amiche con figli piccoli (e per piccoli intendo che stiano ancora nel passeggino). E lì per lì mi sono resa conto che non era cosa buona.

Dovete sapere che esiste tutta una comunità di mamme. O meglio, diciamo che le varie neomamme hanno una tendenza innata al cercarsi e all'incontrarsi. Capita di vederle tutte insieme ai giardinetti intente a spingere allegramente passeggini la domenica pomeriggio. Capita di vederle sull'autobus che chiacchierano fra di loro, o al bar tra un cappuccino e un commento sul loro pupo.

Io, invece, non faccio parte di nessun club. E non conosco praticamente nessuno con cui parlare di culi rossi, notti insonni, cacche stellari e via di seguito. Non conosco nessun altra neomamma con cui passare i pomeriggi.
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